Indubbiamente trattasi di un passo nella giusta direzione, ovvero, inevitabilmente, sfoltire la platea, soprattutto indirizzandosi verso tutti coloro che non fanno un uso appropriato del titolo.
La soluzione ottimale (nell'ambiente lo sappiamo tutti, ma, per molti motivi -nessuno dei quali degno- nulla si fa...) sarebbe togliere il valore del titolo per qualunque cosa non fosse l'esercizio reale della professione (esempio semplice: il titolo non dovrebbe assolutamente avere alcun valore nella tua carriera o nella tua busta paga da dipendente, e dunque non da professionista: quante volte ed a quanti è capitato, all'esame di stato, di essere circondati da candidati che tutto facevano tranne che la professione di avvocato....).
Due pensieri di marchiana semplicità, ovvero "l'esame di stato da avvocato lo deve fare chi intende fare l'avvocato" e "per fare l'avvocato bisogna essere organizzati da avvocato" hanno fatto e fanno ancora fatica a fare breccia in un popolo per il quale sembra sempre di più che il teorema supremo sia, sempre e comunque, il comodo ed autoassolutorio "qui vale tutto".
Dunque ripeto: passo nella giusta direzione. Ma poi ovviamente viene il bello (altro problemino italico tradizionale e non da poco)...: farlo rispettare.
LB
di Marina Crisafi – E' stato emesso dalla commissione giustizia della Camera il parere favorevole al regolamento del ministro della giustizia che fissa i requisiti per continuare ad esercitare la professione forense.
Il sì della Camera, come avevamo annunciato nei giorni scorsi (leggi: Avvocati: via libera dalla Camera ai 6 requisiti per rimanere iscritti all'albo"), è senza condizioni e osservazioni di sorta.
Anzi, come si legge nel parere (qui sotto allegato), i requisiti contenuti nell'art. 2, sono valutati positivamente in quanto volti a "migliorare il funzionamento concorrenziale e la competitività del sistema economico, estromettendo dal mercato i professionisti che esercitano l'attività in modo sporadico e non adeguatamente organizzato, senza un sufficiente livello di professionalità".
Si ricorda che lo schema di decreto ministeriale, adottato in attuazione dell'art. 21 della riforma professionale forense (l. n. 247/2012), prevede che la permanenza dell'iscrizione all'albo degli avvocati sia subordinata all'esercizio della professione in modo effettivo, continuativo, abituale e prevalente.
I sei requisiti richiesti, da possedere contemporaneamente, sono i seguenti:
- essere titolare di una partita Iva attiva o far parte di una società o associazione professionale che sia titolare di partita Iva attiva;
- avere l'uso di locali e di almeno un'utenza telefonica, destinati allo svolgimento dell'attività professionale, anche in associazione professionale, società o associazione di studio con altri colleghi, o anche presso altro avvocato ovvero in condivisione con altri avvocati;
- aver trattato almeno cinque affari l'anno (sia attività giudiziale che stragiudiziale), anche se l'incarico è stato conferito da altro professionista;
- essere titolare di un indirizzo di posta elettronica certificata, comunicato al consiglio dell'ordine;
- aver assolto gli obblighi di aggiornamento professionale;
- aver stipulato una polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile derivante dall'esercizio della professione.
Ora, concluso l'iter parlamentare, la palla passa al ministro.
Fonte: Avvocati: fuori dall'albo chi non è "organizzato"
(www.StudioCataldi.it)

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