Nel 96% dei casi avviene il contrario.
Ma, è ovvio, in pura teoria è possibile che un marito percepisca l'assegno di mantenimento dalla moglie, chiaramente quando le condizioni lo rendono necessario e possibile.
Ultimamente la Cassazione (sentenza n.8716/2015) ha confermato l'assegno a carico della moglie facoltosa ed a favore del marito in mobilità, mentre anche il Tribunale di Ivrea ha disposto a favore di un marito un assegno di mantenimento (il marito, in costanza di matrimonio, aiutava la moglie nella sua attività, trovandosi successivamente senza lavoro).
Nel mio studio, però in via consensuale, è stato previsto, a carico della moglie ed a favore del marito (sia in separazione che, poi, in divorzio) un assegno di mantenimento, giustificato dalla buona situazione economica della moglie e dai seri problemi di salute e di età del marito che gode, peraltro, della sola pensione minima.
Chiaro che anche analizzando i casi particolari sopra esposti, non si motiva comunque la percentuale del 96%.
Giocano, in questo senso, a mio avviso, ragioni di orgoglio e cultura. L'uomo, in Italia, non chiede il mantenimento, probabilmente, in base ad un antico e tradizionale ruolo di pater familias, di colui che "porta i pantaloni lunghi" e che non si "umilia" ad essere mantenuto da una donna.
Poi, naturalmente, gioca anche il fatto, non giuridico più di tanto ma concretamente attuato, che nelle coppie con figli, l'assegno alla moglie, anche quando (solo minimamente) giustificato, segue la collocazione dei figli, l'assegno per gli stessi e l'assegnazione della casa coniugale. E molte volte ciò non corrisponde a reali ragioni di giustizia, costringendo i mariti separati ad affrontare una realtà economica quotidiana quasi impossibile.
Ma tant'è. ...
Queste pronunce danno il segno di un timidissimo cambio di rotta.
Vedremo
LB
Ma, è ovvio, in pura teoria è possibile che un marito percepisca l'assegno di mantenimento dalla moglie, chiaramente quando le condizioni lo rendono necessario e possibile.
Ultimamente la Cassazione (sentenza n.8716/2015) ha confermato l'assegno a carico della moglie facoltosa ed a favore del marito in mobilità, mentre anche il Tribunale di Ivrea ha disposto a favore di un marito un assegno di mantenimento (il marito, in costanza di matrimonio, aiutava la moglie nella sua attività, trovandosi successivamente senza lavoro).
Nel mio studio, però in via consensuale, è stato previsto, a carico della moglie ed a favore del marito (sia in separazione che, poi, in divorzio) un assegno di mantenimento, giustificato dalla buona situazione economica della moglie e dai seri problemi di salute e di età del marito che gode, peraltro, della sola pensione minima.
Chiaro che anche analizzando i casi particolari sopra esposti, non si motiva comunque la percentuale del 96%.
Giocano, in questo senso, a mio avviso, ragioni di orgoglio e cultura. L'uomo, in Italia, non chiede il mantenimento, probabilmente, in base ad un antico e tradizionale ruolo di pater familias, di colui che "porta i pantaloni lunghi" e che non si "umilia" ad essere mantenuto da una donna.
Poi, naturalmente, gioca anche il fatto, non giuridico più di tanto ma concretamente attuato, che nelle coppie con figli, l'assegno alla moglie, anche quando (solo minimamente) giustificato, segue la collocazione dei figli, l'assegno per gli stessi e l'assegnazione della casa coniugale. E molte volte ciò non corrisponde a reali ragioni di giustizia, costringendo i mariti separati ad affrontare una realtà economica quotidiana quasi impossibile.
Ma tant'è. ...
Queste pronunce danno il segno di un timidissimo cambio di rotta.
Vedremo
LB

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