Il problema che affrontiamo è, sostanzialmente, quello -non insolito- dei redditi reali diversi da quelli dichiarati.
Nel caso di specie, di fatto, siamo davanti ad una crisi aziendale assolutamente documentabile, anche se, a opinione della moglie, concomitante con il permanere di un tenore di vita altissimo e, per ciò, non apparentemente giustificabile.
Il Tribunale di Roma, fatti i dovuti accertamenti, ha ridotto l'assegno.
Ok, scendiamo (brutalmente) sul concreto: spessissime volte capita, nel paese delle tasse e dei costi del lavoro più alti di ogni paese civilizzato, che i redditi siano nascosti o che le aziende producano redditi all'estero a seguito di (giustificabili?) fughe.
I controlli della Guardia di Finanza in questo genere di vertenze sono, salvo eccezioni, molto formali e superficiali, e comunque avvengono nell'ambito di un'istruttoria che si svolge (quando va bene) ad un anno dall'inizio della "guerra".
Costi certi a fronte di esito e durata incerti, come sempre.
Soluzioni? Difficilissimo dirlo. Forse il diritto collaborativo (ne parleremo) potrebbe essere una delle migliori, ma sembra lontanissima dalla nostra cultura, purtroppo.
La madre di tutte le soluzioni (poi si vede come "vestirla" giuridicamente) passerebbe comunque da un livello di trasparenza e sincerità che non appartiene più di tanto al nostro popolo e che, se si può considerare discutibile in relazione alle esigenze del coniuge, sarebbe invece più che doveroso nei confronti dei figli.
Sta di fatto che anche in questo campo, come in troppi nel nostro Paese, "fare i furbi" rischia di pagare oltremisura, anche giudizialmente.
LB
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