a chi tradisce l'onere della prova della mancanza di nesso di causalità tra tradimento e crisi coniugale (Cass. 10823/16)





E' all'onore delle cronache nazionali la pronuncia della Corte di Cassazione di cui al titolo, come spesso accade riassunta male e non nei punti realmente cruciali.
Quello che realmente interessa, e che ho cercato di riassumere in maniera sintetica e (spero) efficace nel titolo, è appunto il fatto che la parte che viola il dovere di fedeltà ha l'onere della prova (negativo) in relazione al mancato nesso causale tra il tradimento e la crisi coniugale.
In altre, e più semplici parole, bisogna partire dalla tendenza della Cassazione, soprattutto negli ultimi anni, a sottolineare che il tradimento ha una valore giuridico, finalizzato alla pronuncia di addebito, solo se c'è nesso causale tra tradimento stesso e crisi coniugale, aggiungendo anche che il comportamento del coniuge infedele deve essere umiliante nei confronti del tradito e di profilo pubblico, o comunque noto. Tradotto: se uno tradisce ma lo fa "bene", "da furbo", sostanzialmente non è punibile o sanzionabile....: non ci si stupisca, dal momento che per le unioni civili (malgrado i troppi rimandi alla disciplina del matrimonio) l'obbligo di fedeltà non è previsto, con gli immaginabili profili di incostituzionalità....
Dunque, ritengo ormai da molto tempo, l'avvocato onesto è quello che, salvo rarissimi casi, sconsiglia la "guerra dell'addebito", difficile da compiersi e dai risultati probabilmente modestissimi.
Comunque, il punto fermo della sentenza, da tenere presente, è che per la Cassazione il tradito deve provare il tradimento, mentre colui che ha violato il dovere di fedeltà deve provare la mancanza di nesso tra tradimento stesso e crisi coniugale (pena una presunzione sui cui confini e sulle cui caratteristiche potremmo scrivere molto.......).


Qui uno dei tanti articoli di questi giorni.

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