per i padri separati, c'è un giudice a Catania.



E' all'onore delle cronache di questi giorni (si veda, ad esempio, qui ) la pronuncia del Giudice Lima di Catania in relazione all'affido di un minore ad un padre.
Dove sta la portata realmente innovativa ed in qualche modo stravolgente di questa sentenza che -parere mio- non farà giurisprudenza e non reggerà alle Corti superiori?
Sta nel principio, enunciato esplicitamente per la prima volta, della necessarietà del superamento del concetto di "madre proprietaria" (e anche, non per cerchiobottismo, ma per semplice osservazione corretta della realtà, di "padre disimpegnato").
Ma il Giudice non si spinge oltre: anzi. Per decidere ricorre ad una consulenza tecnica, e si rimette, di fatto, agli esiti della stessa.
Qui potremmo aprire un libro (infinito) sulla opportunità di questa attività.
Il Giudice catanese la trova, ovviamente, estremamente utile, tanto da auspicarne l'utilizzo "diffuso" come "mezzo prezioso" per dirimere le controversie.
L'osservazione, mia e non solo nel presente caso, è che non si ritiene utile che i giudici occupino il ruolo di responsabilità ed importanza che occupano per demandare la decisione ad altri (sappiamo quanto sia residuale, per usare un eufemismo, la decisione del Giudice in contrasto con quella del CTU). Orbene: o vertiamo su materie sulle quali il Giudice, per forza di cose, non è in grado di decidere senza un supporto tecnico, o, altrimenti, ritengo sia un suo diritto e dovere quello di decidere. Da solo.
Nel diritto di famiglia, il demandare di fatto la decisione ad una consulenza tecnica mi pare un modo un po' semplice e sbrigativo (forse pigro?) di "chiudere la questione" comodamente.
La CTU è importantissima, ma davanti a evidenti disagi dei minori od altrettato evidenti inidoneità genitoriali, che dovranno, entrambi, essere approfonditi tecnicamente (magari nel caso catanese vi erano, dagli articoli non è dato comprenderlo a fondo).
A prescindere comunque da un discorso che rischierebbe di diventare troppo lungo e portarci lontano, restiamo sui concetti di madre proprietaria e padre disimpegnato.
Il Giudice catanese si dimostra sicuramente conoscitore del mondo, e concreto a dir poco, fotografando in quattro sole parole, per forza in via di sintesi, i problemi maggiori riguardanti le differenze di genere (ne abbiamo parlato, qui nel blog, anche di recente).
Un incremento sensibile di collocazioni ai padri potrebbe forzare (positivamente) la soluzione di un problema dell'epoca: appunto il senso di possessività estrema (e spesso non bene, o non onestamente "utilizzata") delle donne, ed il disimpegno (ricondotto in concreto, troppo spesso, al mero impegno economico, circondato da un comodo nulla) degli uomini.

Input giurisprudenziale da sviluppare, fare crescere, magari maggiormente motivare, e soprattutto da raggiungersi (anche) per altri metodi, ovvero col Giudice che giudica e decide, senza "aiutini", se non ovviamente quando necessario.

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