«Nel nostro ordinamento manca una norma di riferimento che disciplini l’affidamento di un animale domestico in caso di separazione dei coniugi o dei conviventi», tuttavia siccome in Parlamento «giace da molti anni» una proposta di legge che indica la formula dell’affido condiviso - utilizzata per i figli minori - come la migliore soluzione per questi casi, il tribunale di Roma, con un verdetto «innovativo», ha deciso per l’affido condiviso di Spot, un cagnolino di nove anni conteso da due ex conviventi arrivati alle vie legali. Per decisione del giudice monocratico della capitale adesso il cane, un meticcio trovatello, vivrà sei mesi con l’uno e sei mesi con l’altra «con facoltà per la parte che nei sei mesi non lo avrà con sé, di vederlo e tenerlo due giorni la settimana, anche continuativi, notte compresa».
Le sentenza
I primi sei mesi con Spot toccheranno alla ex che per tre anni è stata privata della compagnia del cane sottrattole dall’altro padrone durante le vacanze di Natale del 2011. L’ex compagno non glielo aveva più fatto rivedere. Per questo è stato condannato a pagare tutte le spese della causa, per aver privato la ex di «un affetto fortemente percepito e privandone lo stesso cane». Il giudice onorario di Roma ha ritenuto che l’affidamento condiviso «sia applicabile anche se le parti non erano sposate» dal momento che la proposta di legge giacente «estende la competenza del tribunale a decidere dell’affido dell’animale anche alla cessazione della convivenza more uxorio» e dato che ormai, anche se «con ritardo», si tende sempre più «ad equiparare la famiglia di fatto a quella fondata sul matrimonio». «Ma ciò che più rileva - scrive il verdetto reso noto dal sito di informazione giuridica Cassazione.net e riportato dall’Ansa - è che dal punto di vista del cane, che è l’unico che conta ai fini della tutela del suo interesse, non ha assolutamente alcuna importanza che le parti siano state sposate o meno: il suo legame ed il suo affetto per entrambe prescinde assolutamente dal regime giuridico che le legava».
Spot condiviso
Spot aveva vissuto con tutti e due durante la loro convivenza durata tre anni, all’anagrafe canina era stato registrato a nome di lei. Dopo la separazione era rimasto con la donna e tutti i giorni l’ex compagno passava a trovarlo, fino al colpo di mano dell’uomo. Il giudice ha stabilito che cibo, cure mediche e «quanto altro eventualmente necessario al benessere» del cagnolino conteso debba essere pagato a metà da ciascuno dei due padroni. Durante il processo sono stati ascoltati diversi testi in favore dell’una e dell’altra parte e quel che è emerso - scrive il giudice onorario Antonio Fraioli - è che «è indubbio che il cane si sia affezionato ad entrambe, le abbia identificate entrambe come suoi “padroni” e si sia abituato, per circa tre anni, a vivere a periodi alterni, con uno solo di loro, in abitazioni e luoghi diversi, condividendo abitudini di vita diverse».
http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/16_novembre_07/roma-giudice-decide-affido-condiviso-cane-coppia-5de5a78c-a50f-11e6-b713-5be9dedb2e34.shtml?refresh_ce-cp
Allora....: c'è un punto sul quale non voglio entrare. Ovvero, se questioni di questo tipo siano tipiche di una società estremamente evoluta o che merita il meteorite definitivo.
Stiamo, per quanto possibile, al giuridico.
Anche nell'esperienza del mio Studio s'è trattato spesso di cani, gatti e cavalli, trovando, fortunatamente e sempre, accordi sensati.
Nel protocollo del Tribunale di Alessandria (alla cui redazione abbiamo partecipato) è prevista una clausola sugli animali domestici, legata al preminente interesse del minore.
Se sia questione da accordi bonari, protocolli o addirittura leggi è questione che lascio al prudente apprezzamento di ciascuno di voi.

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