Il caso dell'idraulico, l'assegno di mantenimento e la credibilità delle dichiarazioni e dei documenti fiscali nelle vertenze di separazione e divorzio



Riportiamo un articolo di Altalex relativo ad un caso che ha suscitato grande interesse (ed è anche, ovviamente, stato distorto e malinterpretato da molte testate giornalistiche):

Non basta definirsi come giovani precari per non dover corrispondere l'assegno di mantenimento alla ex moglie. 

E' quanto ha affermato la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione con la sentenza del 15 gennaio 2018, n. 769. 

Come affermato più volte dalla giurisprudenza di legittimità, le dichiarazioni dei redditi dell'obbligato hanno una funzione tipicamente fiscale, sicché nelle controversie relative a rapporti estranei al sistema tributario non hanno valore vincolante per il giudice, il quale, nella sua valutazione discrezionale, può fondare il suo convincimento su altre risultanze probatorie (Cass. n. 13592/2006; Cass. civ., 18196/2015).

L'art. 156, comma 2, c.c., stabilisce che il giudice debba determinare la misura dell'assegno tenendo conto non solo dei redditi delle parti ma anche di altre circostanze non indicate specificatamente, né determinabili a priori, ma da individuarsi in tutti quegli elementi fattuali di ordine economico, o comunque apprezzabili in termini economici, diversi dal reddito ed idonei ad incidere sulle condizioni economiche delle parti, la cui violazione, peraltro, non richiede necessariamente l'accertamento dei redditi nel loro esatto ammontare, essendo sufficiente un'attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali dei coniugi (Cass. civ., 605/2017).

I giudici di merito, in ordine alla situazione economica e reddituale del soggetto obbligato, il quale adduceva di avere chiuso la propria attività di idraulico nel 2012, di essere disoccupato ed in cerca di lavoro, di vivere grazie al contributo della convivente attuale, affermava che fossero poco credibili sia le deduzioni del medesimo in ordine allo stato di disoccupazione, avendo lo stesso una professionalità sempre richiesta, quale quella di idraulico, settore che non conosce crisi, ed in ordine alla necessità di ricorrere all'aiuto della attuale convivente, sia le dichiarazioni fiscali degli anni precedenti.

La Corte ha concluso nel sostenere che l'obbligato svolgesse attività di lavoro magari in nero o disponesse di accantonamenti, trattandosi comunque di soggetto in salute, giovane, con capacità lavorativa specifica che può adattarsi a reperire altro lavoro. Di tale principio ha fatto tesoro la Cassazione che ha condannato l'uomo a corrispondere un assegno mensile di euro 800 alla ex moglie.

(Altalex, 17 gennaio 2018)


Chi si occupa di diritto di famiglia sa benissimo che in questi anni di crisi economica tutti i tribunali hanno stabilito una soglia minima di assegno che, salvo rarissime eccezioni, viente «imposto» anche ai disoccupati. Si va da un minimo di 150 euro ad un massimo di 250, di norma (spesso dipendente dalla «ricchezza» del luogo e delle prospettive di lavoro, anche nero, dello stesso).
Che sia giusto o sbagliato, non entriamo (oggi) nel merito, che ci svierebbe dall'oggetto dell'approfondimento.
Quello che il «caso dell'idraulico» sottolinea è più che altro la «non credibilità» delle dichiarazioni dei lavoratori autonomi in punto fisco, tanto scritte quanto orali, tanto ufficiali quanto meramente indicative.
Si tratta dell'essere prevenuti o dell'essere realisti....? Del considerare la condizione degli autonomi alla medesima stregua cui la considerava negli anni '80/'90 o di una plausibile tara tra la crisi «millantata» e quella reale....? 
Stranissimo paese, il nostro....: ove le vie di mezzo si sprecano. Ove a fronte di dichiarazioni di redditi risibili troviamo automobili e vacanze di lusso, ma anche, indiscutibilmente, il Paese ove alla mense della Caritas trovi i padri separati (non si dà il caso del ritrovamento di una moglie/madre).....
Dunque, col rischio di sbagliare, fossi dall'altra parte del tavolo, e fossi un magistrato, anch'io farei prevalere (anche un po' strategicamente) l'interesse del minore e disporrei un assegno, anche se minimo.
Anche perché, come tutti noi operatori del diritto sappiamo, i controlli fiscali disposti dai magistrati nelle vertenze familiari sono (anche per colpa della lettera della legge) poco più che ridicoli. E, se non li fossero, presterebbero il fianco a possibili ed imprevedibili «effetti boomerang».
Questo è -anche- il bello del diritto di famiglia: l'arte del possibile e la mancanza di vere certezze......

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