Con
l’ordinanza n. 5603/2020, la Suprema Corte applica al lavoro “in
nero” il principio consolidato nella pronuncia a Sezioni Unite n.
18287/2018.
Come
sappiamo, il parametro del tenore di vita è ormai da ritenersi
superato. Con la sentenza del 2018, la Cassazione ha messo in luce la
nuova indagine cui è chiamato il Giudice di merito per stabilire la
spettanza o meno dell’assegno divorzile.
Anzitutto,
va effettuato un confronto tra le condizioni economiche dei coniugi,
per verificare se vi sia una sperequazione. In presenza di situazioni
equiparabili, l’assegno deve essere escluso. Va poi appurato se la
differenza nelle condizioni economiche dipenda causalmente da scelte
comuni compiute in costanza di matrimonio, tenendo conto
dell’eventuale sacrificio professionale compiuto dal coniuge per
far fronte alle esigenze della famiglia e del concreto apporto di
ciascuno alla vita familiare. In ultimo, si valuterà se il
pregiudizio sia in qualche modo “recuperabile” per il coniuge
debole, o se la situazione sia ormai consolidata e tendenzialmente
immutabile.
Con
l’ordinanza in commento, la Corte evidenzia come, in ipotesi di
lavoro in nero, manchi un parametro fondamentale per la valutazione.
Non potendosi avere contezza del reddito effettivo del richiedente,
non è possibile procedere alla comparazione tra le condizioni
economiche dei coniugi. Tale impossibilità inficia l’intero iter
valutativo, rendendo impossibile il riconoscimento dell’assegno
divorzile. Per converso, lo svolgimento di attività lavorativa non
in regola è stato ritenuto indicativo della capacità della persona
di produrre reddito, circostanza anche questa da valutarsi ai fini
del riconoscimento dell’assegno divorzile.
Come
sempre, attenzione agli assolutismi, non potendosi escludere che a
breve nuove sentenze (di legittimità o di merito) smentiscano tutto
quanto sopra descritto. Sicuramente significativo, però, che la
Corte si sia mostrata sensibile al tema del lavoro irregolare, troppo
spesso relegato dai Tribunali a “nota di colore” priva di reale
significato giuridico, tanto da non essere neppure oggetto di
approfondimenti istruttori.

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