figlio maggiorenne che interrompe la coabitazione con la mamma: via assegnazione casa e assegno



In materia di separazione e di divorzio, l'assegnazione della casa familiare risulta finalizzata alla esclusiva tutela della prole e dell'interesse di questa a permanere nell'ambiente domestico in cui è cresciuta, non potendo essere disposta, a mo' di componente degli assegni rispettivamente previsti dall'art. 156 c.c. e dall'art. 5 della legge n. 898 del 1970, allo scopo di sopperire alle esigenze economiche del coniuge più debole, a garanzia delle quali sono destinati unicamente gli assegni di mantenimento, onde la concessione del beneficio in parola resta subordinata all'imprescindibile presupposto dell'affidamento di figli minori o della convivenza con figli maggiorenni ed economicamente non autosufficienti. La nozione di convivenza rilevante ai fini dell'assegnazione della casa familiare ex art. 337-sexies c.c. comporta la stabile dimora del figlio maggiorenne presso la stessa, sia pure con eventuali sporadici allontanamenti per brevi periodi e con esclusione, quindi, dell'ipotesi di rarità dei ritorni, ancorché regolari, configurandosi in tal caso, invece, un rapporto di mera ospitalità; deve pertanto sussistere un collegamento stabile con l'abitazione del genitore, caratterizzato da coabitazione che, ancorché non quotidiana, sia compatibile con l'assenza del figlio anche per periodi non brevi per motivi di studio o di lavoro, purché vi faccia ritorno appena possibile e l'effettiva presenza sia temporalmente prevalente in relazione ad una determinata unità di tempo (anno, semestre, mese) 
Tribunale di Brindisi 16/04/2020

Accolta la domanda con la quale si chiede la revoca dell'assegno di mantenimento previsto in favore della prole, venuta meno la coabitazione tra la madre e i due figli maggiorenni e non economicamente sufficienti.
Tribunale di Verona 20/04/2020


Le due decisioni, peraltro curiosamente vicinissime nel tempo, affrontano un problema spesso presentatosi ai nostri Studi.
La tutela e la disciplina della fattispecie del figlio maggiorenne, ma non indipendente economicamente, che esce dalla casa famigliare, interrompendo così la coabitazione col genitore collocatario.
Diciamo che una parte, spesso il padre, oltre all'onere di un assegno di mantenimento in quanto genitore non collocatario, si vede privato dell'uso della casa (propria o parzialmente propria) in quanto assegnata al coniuge collocatario (normalmente la madre), nel superiore (e giusto) interesse dei figli.
Lo schema è corretto (o, forse, meglio, è difficilissimo ipotizzarne uno migliore), ma è innegabile che spesso sia fortemente pregiudizievole per la parte non collocataria.
Le due sentenze, badate bene di primo grago (vediamo se reggono nei gradi superiori...) risolvono il problema...: in estremissima sintesi, se viene meno la convivenza, vengono meno assegnazione e assegno.
Il che non vuole dire che l'ex «non collocatario» non si debba occupare del figlio, ma semplicemente che non vi sono ragioni per lasciare la casa all'ex collocatario, o perché non si partecipi in via paritaria al mantenimento del figlio.

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