L’orientamento giurisprudenziale è ormai consolidato: la nuova convivenza, se stabile e duratura, esclude il diritto all’assegno divorzile.
Se non è mai stato riconosciuto, non può essere chiesto. Se è già stato riconosciuto, può essere revocato.
Con la pronuncia in commento (si veda link), la Cassazione ci ricorda però l’importanza del tempismo necessario nel rilevare la circostanza della convivenza.
Questo il caso concreto.
Al momento del divorzio, la moglie ha già avviato una convivenza stabile e duratura. Il marito non eccepisce questa convivenza per escludere l’assegno divorzile, che viene riconosciuto.
A distanza di anni, il marito domanda una modifica di condizioni di divorzio, adducendo la convivenza della ex moglie quale circostanza idonea a determinare la revoca dell’assegno divorzile.
Giudice di merito prima e Cassazione dopo sono trancianti. La sentenza di divorzio è ormai passata in giudicato, e una modifica di condizioni può essere domandata solo in presenza di fatti nuovi e sopravvenuti.
L’instaurazione della nuova convivenza era circostanza già esistente al momento del divorzio. Non avendo il ricorrente eccepito tale elemento all’epoca, è escluso che possa farlo in sede di modifica di condizioni. L’assegno divorzile, dunque, viene confermato.
La sentenza, in realtà, non sposta nulla rispetto all’indirizzo ormai consolidato, essendo ben noto come solo fatti sopravvenuti possano essere posti a base di una richiesta di modifica di condizioni di divorzio.
Ci invita, però, a riflettere attentamente sulla linea da tenere in sede divorzile. Se decidiamo di non insistere su certi punti o di tacere determinate circostanze, dobbiamo essere ben consapevoli che non potremo, un domani, cambiare idea, tornare sui nostri passi e chiedere di modificare i provvedimenti vigenti, almeno non sulla base di quelle medesime circostanze. In certi casi, tacere equivale a rinunciare.
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